domenica 30 dicembre 2018

Festività a Versailles

Particolare di un dipinto di Jean François de Troy
Il Natale a Versailles era una ricorrenza prettamente religiosa. Il re e la sua famiglia passavano le feste nella Cappella Reale, tra il mattutino, il vespro, le tre messe della notte di Natale e la grande messa del 25 dicembre. 
L'usanza voleva che la Vigilia di Natale (come accadeva a Pasqua, durante la Pentecoste e per il giorno di Ognissanti) il re toccasse gli scrofolosi. Era credenza infatti che il sovrano essendo un unto del signore avesse il potere di guarire gli scrofolosi, in particolar modo durante le cerimonie sacre.
Durante l'Avvento era vietato giocare e andare a teatro ma con Luigi XV e Luigi XVI questo regime strettamente spirituale fu un po' alleggerito e i cortigiani furono tenuti ad osservare questo contegno solo durante la vigilia di Natale. Si poteva però eseguire musica legata al periodo natalizio, i tradizionali Noels che venivano cantati e suonati in privato dalla famiglia reale.

A mezzanotte il re o il delfino gettavano un ceppo di legno nel camino in segno beneaugurante (in Francia si predilige il legno di alberi da frutto); un'usanza ancora oggi osservata anche qui in Italia in alcune regioni e la cui origine è antichissima. 

sabato 29 dicembre 2018

Una bambola per Madame Royale

Una bambina con la sua bambola (1780 circa)
John Downman - Metropolitan Museum of Art, New York
"La bambola" - scrive Victor Hugo ne "I Miserabili", "è uno dei più imperiosi bisogni e nello stesso tempo uno dei più incantevoli istinti dell'infanzia femminile. Curare, vestire, pettinare, abbigliare, svestire e rivestire, insegnare, sgridare un po', cullare, vezzeggiare, addormentare, immaginarsi che qualche cosa sia qualcuno; tutto l'avvenire della donna è là. Mentre sogna e bisbiglia, mentre fa i corredini e le fasce minuscole, mentre cuce i vestitini, i corpetti e i piccoli giubbetti, la bimba diventa fanciulla, la fanciulla giovanetta e la giovanetta diventa donna. Il primo figlio continua l'ultima bambola." Queste riflessioni che la penna mirabile di un grande scrittore ha trasformato in poesia, sono senza tempo. Lo dimostra bene il comportamento di Jean-Baptiste Clery Hanet, valet de Chambre di Madame Royale. Clery che seguì la famiglia reale al Tempio in qualità di cameriere del re, ci ha lasciato interessanti memorie. Egli riporta un episodio, avvenuto nel 1785 (quando Madame Royale non aveva ancora sette anni) e che getta una luce diversa sul rapporto tra la regina e la sua primogenita. In diverse memorie si legge infatti di come la regina fosse molto severa con la bambina che dimostrava di avere un carattere difficile. Allo stesso tempo Madame Royale aveva spesso nei riguardi della madre un atteggiamento irriverente e insolente. Dall'episodio si evince invece che la regina come tutte le mamme non sapesse dire sempre di no a sua figlia. Clery scrive:

venerdì 9 novembre 2018

Plaisir d'amour

Tra le canzoni preferite da Maria Antonietta spicca senza dubbio Plaisir d'amour, una splendida romanza d'amore del 1785, dolce e melanconica che trovò nel testo di Jean Paul de Florian un'appropriata risposta poetica:

Plaisir d'amour ne dure qu'un moment.
chagrin d'amour dure toute la vie.

J'ai tout quitté pour l'ingrate Sylvie.
Elle me quitte et prend un autre amant.

Plaisir d'amour ne dure qu'un moment.
chagrin d'amour dure toute la vie.

Tant que cette eau coulera doucement
vers ce ruisseau qui borde la prairie,
Je t'aimerai, me répétait Sylvie.
L'eau coule encore. Elle a changé pourtant.
Plaisir d'amour ne dure qu'un moment.
chagrin d'amour dure toute la vie.



Si racconta che la regina cantasse questa canzone quando era prigioniera accompagnandosi alla spinetta. 
L'autore di questo celebre pezzo si chiamava Johann Paul Aegidius Martini, ma di italiano aveva solo il cognome essendo nato a Freystadt, in Germania, nel 1741. Visse spostandosi dalla Baviera alla Francia dove morì nel 1816. Non era nemmeno imparentato con il ben più noto padre Martini, compositore e teorico bolognese; anzi per differenziarlo da quest'ultimo, con il quale veniva spesso confuso, venne soprannominato "Martini il tedesco". Dopo gli esordi come organista nella chiesa francescana di Friburgo, la vera svolta nella carriera artistica di Martini avvenne con il trasferimento in Francia dove divenne uno dei più acclamati musicisti ed esecutori del momento, tanto che le sue prestazioni erano contese dalle maggiori corti di Francia, dal ducato di Lorena al principato di Condé, a quello d'Artois. La consacrazione avvenne con la nomina a sovrintendente musicale presso la corte reale. La Rivoluzione non intaccò minimamente la carriera di Martini che ebbe un'esistenza movimentata e costellata di riconoscimenti. E' indubbio che la sua più grande fortuna fu però dovuta a Plaisir d'amour, il cui successo perdura ancora oggi. Innumerevoli sono le registrazioni effettuate dalla più grandi voci dei nostri tempi; dai soprani Elisabeth Schwarzkopf e Victoria de Los Angeles al tenore José Carreras, fino all'incisione in chiave pop di Franco Battiato. Fu il prodigioso arrangiamento di Ector Berlioz ad accrescere ancora di più la fama della romanza nei suoi oltre duecento anni di vita. Nel 1949 Montgomery Clift seduce nel film "L'Ereditiera" Olivia de Havilland cantandole, accompagnandosi al piano, "The joys of love" la versione inglese di Plaisir d'amour. Famosissima la versione del 1961 di Elvis Presley "Can't help falling in love".

Joely Richardson nei panni di Maria Antonietta, canta Plaisir d'amour nel film "L'Affare della Collana" del 2001.



giovedì 1 novembre 2018

Gaspard Duché de Vancy,

Ritratto di signora di Gaspard Duché de Vancy (1782)
Nel luglio del 1775 un giovane, chiamato Gaspard Duché de Vancy, figlio dell'omonimo poeta, e allievo di Joseph- Marie Vien, si recò alla cerimonia del Grand Couvert dove fu notato dalla Regina con una matita in mano. 

Sua Maestà scandalizzata gli fece riferire che non era consentito disegnare in una tale occasione. Senza alcun turbamento, il giovane artista rispose che stava solo eseguendo il suo ritratto e che gli era permesso catturare le grazie ovunque le avesse trovate. 

La risposta addolcì la sovrana a tal punto che Duché fu invitato a tornare il giorno dopo perché le mostrasse il ritratto ultimato. 

Alla Regina il disegno piacque e assicurò al giovane la sua protezione. Vancy, anni dopo, fu assunto come illustratore ufficiale della spedizione di La Perouse il cui equipaggio scomparve misteriosamente nel 1788

Il ritratto della regina fu acquistato nel 1920 da un collezionista privato e sono in pochi ad aver avuto la possibilità di vederlo. 

Antichambre du Grand Couvert

giovedì 25 ottobre 2018

"Royal Jewels from the Bourbon-Parma Family" - All'asta i gioielli di Maria Antonietta

Maria Antonietta nel particolare del ritratto di Madame
Vigée Le Brun (1788)
Il prossimo 14 novembre a Ginevra, Sotheby's metterà all'asta una tra le più importanti collezioni di gioielli reali mai apparse sul mercato. La collezione, appartenuta alla dinastia dei Borbone-Parma, annovera tra i suoi pezzi alcune perle e alcuni gioielli di Maria Antonietta che dopo più di 200 anni faranno la loro prima comparsa in pubblico. Tra i gioielli spiccano in particolare:
  1. due orecchini di perle naturali stimati intorno ai 30.000 e i 50.000 $;
  2. una collana di perle naturali e diamanti stimata intorno ai 200.000 e i 300.000 $;
  3. un pendente in perla e diamanti stimato 1/2 milioni di $;
  4. una collana di perle a sei fili la cui fibbia apparteneva a Maria Antonietta che la indossava su un paio di braccialetti di perle a sei fili;
  5. una collana di perle naturali appartenuta alla regina;
  6. un anello di diamanti con il ritratto di Maria Antonietta appartenuto a sua figlia (secondo la duchessa d'Angouleme il ritratto era molto somigliante alla madre);
  7. una spilla appartenuta alla regina il cui  diamante giallo, si ritiene, sia stato aggiunto in epoca successiva);
  8. una spilla i cui diamanti appartenevano a Maria Antonietta;
  9. tre anelli di cui uno con il monogramma di Maria Antonietta contenente i suoi capelli, un altro con il monogramma del suocero della regina, il delfino Luigi Ferdinando e l'ultimo con il monogramma di Maria Teresa di Savoia moglie di Carlo II duca di Parma;
  10. un paio di orecchini di perle e diamanti appartenuti alla regina; 
  11. un orologio da tasca appartenuto a Maria Antonietta in smalto blu e perle;
  12.  spilla di diamanti appartenuta all'imperatrice Maria Teresa d'Austria;
  13.  l'ordine del Vello d'Oro e l'ordine dello Spirito Santo appartenuti al duca d'Angouleme genero di Maria Antonietta.
I gioielli di questa incredibile asta hanno subito, nel tempo, diverse modifiche. Tuttavia la loro storia è legata indissolubilmente agli eventi storici che travolsero la famiglia reale.
Le perle e i diamanti, in particolare, furono inviati dalla regina alla sorella Maria Cristina a Bruxelles per mezzo del suo parrucchiere Léonard, prima della fuga di Varennes; da Bruxelles i gioielli furono inviati a Vienna. Anni dopo l'imperatore Francesco restituì parte dei gioielli (tra cui le perle) alla cugina Madame Royale.

Nel testamento Madame Royale, divenuta Duchessa d'Angouleme, lasciò i suoi gioielli (tra cui le perle appartenute alla madre) alla nipote acquisita Maria Teresa di Modena che aveva sposato il conte di Chambord (nipote allevato come un figlio dalla duchessa). La contessa di Chambord, vedova e senza figli, lasciò i gioielli ricevuti in eredità dalla duchessa d'Angouleme, alla nipote Margherita di Borbone-Parma.

sabato 22 settembre 2018

L'uomo dell'impossibile

Vi sarà sicuramente capitato di sentir parlare di Gustavo Rol. Generalmente viene definito il più grande sensitivo del XX secolo ma è una definizione poco consona. Lui stesso non amava essere definito in questo modo: "Io non sono un sensitivo né un medium e non ho mai voluto che si legasse il mio nome alla magia, allo spiritismo ed alla Parapsicologia".
Forse la prima volta che Rol diede una definizione di se stesso (cosa rara) fu in un articolo del 1977 firmato da Renzo Allegri, ma scritto da Rol in terza persona: "l'uomo dell’impossibile".
Di famiglia benestante, quindi non interessato al denaro, uomo di profonda cultura, amante dell'arte e della musica, Rol fu amico intimo di illustri personaggi. Einstein, Fermi, Fellini, De Gaulle, D’Annunzio, Reagan, Pio XII, Mussolini, Cocteau, Dalì, Agnelli, Einaudi, Kennedy, Zeffirelli, Buzzati e tanti altri ancora ne rimasero affascinati e turbati. Difficile poter descrivere in poche righe ciò che fu Gustavo Rol. Lui sosteneva che i suoi "poteri" potevano essere alla portata di tutti e forse, anche per questo non voleva avere etichette.
Nel libro, "L'uomo dell'impossibile", viene riportata una testimonianza scritta di pugno da Gustavo Rol nel 1940; Rol ricorda un episodio avvenuto quando aveva 20 anni e si trovava a Parigi:

Place de la Concorde come si presentava agli inizi del XX secolo (Autochrome)

mercoledì 18 luglio 2018

Il Profumiere di Corte

I fattori per dare origine ad un profumo di qualità che sappia regalare emozioni, rimanendo a lungo impresso nella nostra memoria, sono davvero tanti. Passione, amore e voglia di creare qualcosa di diverso sono gli elementi principali, quando poi a questi elementi si aggiunge una combinazione di natura e antico, l'armonia prende forma. Ed è proprio in una cornice amena e agreste come l'Appenino Tosco-Emiliano che il Maitre Parfumeur, Mattia Scavuzzo, da vita ogni volta ad un profumo ricreato alla "storica maniera" e senza alternative moderne. Ventottenne e circondato dalla natura, parte integrante e fondamentale della sua passione, vive dall'infanzia tra i fiori e la musica classica, passioni ereditate dai genitori e che hanno fatto nascere in lui emozioni che ha poi sublimato nella creazione di accordi profumati. Il profumo altro non è che un'emozione olfattiva e per Mattia creare profumi è la sintesi totale delle sue passioni tra le quali si annoverano l'ammirazione per il XVIII secolo e per la regina Maria Antonietta. Rievocatore storico, partecipa spesso ad eventi in costume, partecipando a balli e galà organizzati in edifici storici, prevalentemente in Italia. Un modo per riportare alla vita un passato di grande rilevanza artistica e culturale, fatto di eleganza e cortesia oggi ormai dimenticate, come il Settecento.

L'interesse per questo secolo l'ha portato a compiere un percorso di meticolosa ricerca storica, non è un caso che molte delle sue creazioni provengano dalla Toilette de Flore di Pierre-Joseph Buc'hoz. Il "Profumiere di Corte", così viene chiamato Mattia nell'ambito rievocativo, confeziona profumi e cosmetici del XVIII secolo, scegliendo di ricreare quelli che non prevedono l’uso di sostanze tossiche, abbondantemente usate all'epoca . Polveri per capelli e parrucche, lozioni, pommades, saponi, ciprie, interamente realizzati con le tecniche di estrazione del XVII-XVIII secolo, come l’Enfleurage. Nell’Enfleurage, attraverso un grasso animale ed un’opportuna stesura dei fiori, i fiori esuli cedono ad esso la loro essenza. Lo si usa per le tuberose, le violette, i gigli, i narcisi. Un metodo di estrazione oggi abbandonato che Mattia ha rispolverato per creare profumi filologici. Ed è grazie a questo metodo che Mattia ha potuto ricreare il Profumo commissionato da Maria Antonietta a Jean-Louis Fargeon.


Ma rivediamo insieme la storia affascinante di questo leggendario profumo:

Siamo verso la fine del '700 e la Regina Maria Antonietta, oppressa dalla rigida etichetta di corte, si ritira presso la tenuta del Petit Trianon. Lì  può vivere la vita serenamente come madre dei suoi figli, circondata dalla natura. Vive in una residenza signorile e, quando ne ha voglia, si ritira nella sua fattoria, le Hameau.
Tanto è grande l’amore per quei luoghi che la Regina chiede al suo Profumiere Fargeon che le faccia visita in quel luogo all’alba, allo schiudersi dei fiori, perché colga appieno l'essenza di quel posto meraviglioso, per poterlo poi racchiudere in una bottiglia: “Monsieur, mi aspetto da Voi che mettiate tutto il Trianon in una bottiglia. Amo talmente tanto questo luogo, che voglio portarlo ovunque, con me”. Fu così che Fargeon ideò il profumo "Bouquet Aux Mille Fleurs". Ad un cuore “mille fleurs” tra cui si annoverano iris, rosa, tuberosa e gelsomino, egli aggiunse tocchi freschi d’agrumi e dei rispettivi fiori in apertura, sigillando la composizione con sentori legnosi e gourmand di vaniglia e benzoino. Tocchi di muschio animale e di ambra grigia indirizzarono la fragranza verso una particolare tradizione compositiva d’antica arte profumiera.

A seguito di numerose ricerche storiche per la realizzazione di un libro sul profumiere della regina, la scrittrice Élizabeth de Feydeau, sostenne di aver trovato la formula del profumo di Maria Antonietta, trascritta dal suo creatore. Dopo una prima riproduzione esclusiva “per pochi intimi” e di pochissimi pezzi per finalizzare un'importante acquisizione da parte del Castello di Versailles, di un Coffret appartenuto alla Regina (e per questo, a prezzi veramente molto alti), il profumo non è più stato riprodotto, poiché i tempi di preparazione delle singole note sono lunghissimi, ed il mercato al quale è stato destinato è molto ristretto. Ad esso è stato dato il nome evocativo di “Sillage de la ReÎne”.

La curiosità e il forte desiderio di poter sentire il profumo della regina che solo pochi eletti hanno avuto l'onore di conoscere, ha dato a Mattia l'ispirazione per ricreare lui stesso questo profumo. Con la sua professione e competenza in alta profumeria, si è imbattuto in una ricerca contro i limiti di spazio e tempo, nel mero senso della parola. Ha viaggiato fisicamente e con la fantasia per poter ricreare il profumo di Maria Antonietta, ed è stato commovente per lui sentire quella che era la scia di profumo rilasciata dalla sovrana, qualcosa che può dare l'illusione di essere al suo cospetto per brevissimi attimi.


Mattia ha un Atelier virtuale su una piattaforma di origine americana che si occupa di artigianato (Etsy) e che gli mi permette di poter vendere liberamente le sue creazioni. Le sue fragranze sono storicamente accurate, ispirate ad eventi della vita di corte o di natura bucolica, oppure fedeli alle esatte composizioni storiche, come nel caso del profumo della regina, identificato in seguito come il “Parfum du Trianon”. Lavora anche su commissione per creare profumi su misura e il sogno che ne sussegue è quello di continuare a creare e di ricevere incarichi per creazioni molto importanti a livello storico e culturale. La soddisfazione più grande è per lui la felicità del committente, mecenati moderni sensibili alla bellezza e amanti della cultura.
Un merito particolare, va all’artista che ha ricreato alla perfezione i decori sulla meravigliosa bottiglia in serie limitata , che presenta l’effige di Maria Antonietta: Laura Sassi. Artista poliedrica e scenografa, Laura utilizza materiali e tecniche diverse. La sua competenza, già riconosciuta da importanti personalità in campo artistico e culturale, e la sua maestria aggiungono valore alle creazioni di Mattia.




Per maggiori informazioni visita il sito di Mattia Scavuzzo La Bottega dell'Amorino

Ringrazio Mattia Scavuzzo per le preziose informazioni rilasciatemi


domenica 24 giugno 2018

Giorni di magro a corte

Gabinetti privati di Luigi XVI
Monsieur de Seguret riferisce nelle sue memorie che Luigi XVI aveva una piccola biblioteca, una bottega da fabbro e un gabinetto geografico nell'attiguo attico della Cour des Cerfs, nelle cucine che suo nonno Luigi XV aveva organizzato per il servizio del petit couvert e per le cene del ritorno dalla caccia. Luigi XVI vi passava il tempo molto volentieri senza che nessuno ne fosse sorpreso o vi prestasse attenzione.

Un giorno di magro quando il re era occupato nei suoi gabinetti privati, un odore di carne gli sembrò provenire da quelle cucine. Vi si recò subito, fingendo di passare lì per caso come al solito; si avvicinò ai fornelli e procedette a sollevare i coperchi di tutte le pentole l'uno dopo l'altro. Il suo naso non l'aveva ingannato: vide in uno di loro un pezzo di carne che stava rosolando. Rimettendo il coperchio, se ne andò senza dire una parola, ma di pessimo umore e senza che nessuno sospettasse cosa fosse successo.

Alla prima occasione ne parlò con Thierry de Ville d'Avray, commissario generale della casa del re. Avendolo attirato nella nicchia di una finestra, gli chiese seriamente se fosse a conoscenza del fatto che si cucinava carne nei giorni di magro. Thierry protestò che gli ordini impartiti includevano un menu rigorosamente magro. Il re allora gli riferì quello che aveva visto e lo esortò a chiedere informazioni.

Thierry chiese al controllore David, il quale gli spiegò che la carne di vitello vista dal re era usata solo per ricavarne un estratto che insaporisse nei giorni di magro il matelote (un piatto di pesce con vino rosso e cipolle). Al re non era mai stato servito ma agli ufficiali che mangiavano alla sua mensa, era piaciuto molto. Gli ufficiali della "bocca del re" si erano molto complimentati dopo aver mangiato il matelote e non sembravano particolarmente scrupolosi nell'osservare i giorni di magro.
Thierry riferì questa spiegazione a Luigi XVI che sorrise, rassicurò ma concluse: "Che non succeda mai più; mai più "estratti di carne" in futuro".

Luigi XVI nella sua officina da fabbro - Joseph Caraud (1867)

L'officina da fabbro di Luigi XVI - Benjamin Eugène Fichel (1874)
Un aneddoto simile riguarda la zia del re, Madame Victoire, nota per la sua golosità. Roland Jousselin narra che un giorno la principessa, colta da scrupolo a proposito di un uccello d'acqua che le era stato servito di venerdì, consultò un vescovo presente alla sua cena. Il prelato assunse subito un tono di voce bonario e l'atteggiamento serio di un giudice di ultima istanza. Le rispose che era stato deciso che in un tale dubbio, dopo aver cucinato l'uccello, si doveva tagliare la selvaggina su un piatto d'argento molto freddo; se il succo dell'animale si congelava in un quarto d'ora, l'animale era considerato grasso; se il succo rimaneva nell'olio, poteva essere mangiato in qualsiasi momento senza preoccupazioni. 
Madame Victoire fece la prova e il succo non si addensò. Fu una gioia per la principessa che amava molto la selvaggina.

domenica 15 aprile 2018

La fontana gemella

La "Fontana del Trianon"
come si presentava nel 1726
in una incisione tratta dalle "Delizie Farnesiane a Parma".
Tra il 1712 e il 1719, per ordine di Francesco Farnese, fu costruita una fontana per la reggia di Colorno con la precisa indicazione di far sembrare la poca acqua "abbondante". Fin da subito, nonostante il suo nome ufficiale fosse "Fontana della Parma", venne chiamata "Fontana del Trianon" in quanto nei giardini del Grand Trianon a Versailles, ce n'era una simile commissionata al celebre Mansart dal Re Sole. Rispetto alla Fontana della Parma, quella francese ha solo una decina di anni in più. Se la nostra si chiama Trianon, la sua ispiratrice ha l'evocativo soprannome di Buffet d'Eau pur essendo in origine "La Cascade". Quella francese ha statue in bronzo che in origine erano dorate secondo uno stile più transalpino, mentre la nostra è completamente in marmo. Per il resto la somiglianza è praticamente assoluta. In origine la fontana di Parma era ricca di statue; attualmente ne mancano ben dieci delle statue originarie che l'adornavano. Sono rimaste quelle rappresentanti il fiume Taro e la Parma, i due leoni dalle cui fauci escono zampilli d'acqua e anche i mascheroni alla base. Alla fine del XIX secolo le statue furono vendute dai Savoia, e pertanto possiamo praticamente essere certi che da qualche parte debbano esistere tutt'ora così come dovrebbero esserci i relativi atti di vendita dai quali forse si potrebbe risalire agli attuali proprietari.

La Fontana del Trianon
In seguito alla trasformazione della reggia di Colorno in manicomio (nell'Ottocento), la fontana subì diversi danni ad opera dei pazienti della struttura, e venne poi smontata e quasi dimenticata all'interno di un anonimo magazzino. Nel 1889 fu rimontata a Parma, in strada Garibaldi, vicino allo scomparso teatro Reynach ma trent'anni dopo, fortunatamente, lasciò quella zona (destinata al martirio dei bombardamenti). Su interessamento di Glauco Lombardi fu spostata sull'isolotto del Parco Ducale al riparo da qualsiasi minaccia, ed immersa in una cornice verde, simile a quella che aveva in origine a Colorno. Un luogo bellissimo e perfetto dunque che però non l'ha protetta dall'incuria e dal degrado che l'ha circondata per diversi anni.

La fontana del Buffet d'Eau nei giardini del Grand Trianon a Versailles,
Un dipinto di Charles Chatelain che rappresenta la fontana del Buffet d'Eau nei primi anni del '700


lunedì 2 aprile 2018

Plume de Laki

Il 22 giugno 1783 si sprigionò nel Nord Europa una nube tossica a causa dell'eruzione del vulcano Laki in Islanda. La fitta e spessa coltre di cenere grigia arrivò fino a Le Havre, in Francia, ricoprendo i campi e la città di un manto cinereo ed argentato. 

La contessa di Saint Laurent annoterà nel suo diario:

"Quell'abile mercantessa che è Rose Bertin ha sfruttato l'eruzione vulcanica per proporre una nuova tonalità di grigio che lei chiama 'plume de Laki.' Tutte le signore di Parigi sono in agitazione ed il loro unico desiderio è ordinare i loro abiti in color Laki. Io, invece, me ne guardo bene. La tonalità color cenere argentea appare orribile se posta a contrasto col colorito della mia pelle". 

Anche Maria Antonietta ordinerà più di un abito in questa nuance, ma se ne stancherà presto per inseguire nuovi trends e nuove cromie più adatte al suo incarnato di bionda.

In basso un ritratto dell'imperatrice Maria Aleksandrovna realizzato da Winterhalter. L'imperatrice indossa nel dipinto un abito che ancora conservava, sebbene fosse passato molto tempo, la denominazione bertiniana.




venerdì 30 marzo 2018

I Segreti di Tallinn di Diletta Nicastro

Maria Antonietta ha da sempre affascinato e ispirato il mondo dell'arte e della letteratura. Innumerevoli sono i libri a lei dedicati, tra saggi e romanzi storici. Interessante, per gli amanti del genere, la saga mystery "Il mondo di Mauro & Lisi" di Diletta Nicastro, una giovane scrittrice vincitrice del "Premio Bastet" nel 2010. La saga, tra le più all'avanguardia del panorama italiano, ricorda i film di 007 tra spionaggio, colpi di scena e dark ladies e il romanzo "Arsenio Lupin e la Contessa di Cagliostro" di Maurice Leblanc. Ho avuto modo di intervistare l'autrice che nella sua opera ha reso omaggio a Maria Antonietta.

Ciao Diletta, raccontaci della presenza di Maria Antonietta nella tua saga

Prima di tutto complimenti per il tuo blog, interessante ed originale. Anche io ho una viva passione per il personaggio di Maria Antonietta, fin dai tempi in cui seguivo ‘Lady Oscar’. Nel mio piccolo ho voluto renderle omaggio nella saga mystery ‘Il mondo di Mauro & Lisi’, incentrata sul Patrimonio Unesco. L’ho fatto in due modi. Uno, molto accennato, con il personaggio di Alisdair Darcy (il suo nome è un omaggio a Jane Austen, ma questa è un’altra storia…), una sorta di diplomatico del Settecento che svolge la sua attività a Versailles, portando messaggi importanti a nome della Regina e che muore nel 1795 durante i moti vandeani. La sua storia, appena tratteggiata, appare in Dio salvi il Gigante – Il sesto incarico.
L’altra storia è invece molto più elaborata e segue le tracce della famosa Collana dello Scandalo

mercoledì 28 marzo 2018

La morte della Principessa di Lamballe nei versi di Giosuè Carducci

Nel 1883 Giosué Carducci pubblicò il ciclo dei dodici sonetti intitolati Ça ira: un profilo appassionato, in Italia del tutto controcorrente, della Rivoluzione Francese, considerata nel momento decisivo delle stragi di settembre (1792) e della vittoriosa campagna di Valmy. 

La morte della Principessa di Lamballe il 3 settembre 1792 - Gaetano Ferri. Questo dipinto fu esposto alla Promotrice del 1866 e acquistato dal re del Portogallo per il suo matrimonio con la principessa Maria Pia di Savoia (un soggetto a dir poco macabro per essere un dono di nozze). Il disegno preparatorio è conservato alla Galleria civica d'arte moderna di Torino.

giovedì 1 marzo 2018

Costumi di Milena Canonero in mostra al Museo del Tessuto di Prato


Il Museo del Tessuto di Prato ospiterà, fino al 27 maggio, una mostra dedicata ai costumi della "Maria Antonietta" di Sofia Coppola. Gli abiti, opera del premio Oscar Milena Canonero, sono una ventina, e sono stati indossati da Kirsten Dunst, protagonista della pellicola, e dagli altri attori che hanno interpretato i principali personaggi. Una mostra imperdibile per gli amanti di Maria Antonietta.

Foto di Valeria Paglino:




sabato 3 febbraio 2018

La croce di Maria Antonietta

Nell'opera "La lettrice" di Liotard, la ragazza ritratta, probabilmente la nipote del pittore, indossa il costume tradizionale di Lione e una croce, una variante semplificata della "croix de Jeannette", particolarmente indossata in Provenza. 

Tradizionalmente le ragazze del popolo acquistavano la croce con il loro primo stipendio, il giorno di San Giovanni, di qui il nome "Jeannette". Appesa ad un nastrino con un flusso a forma di cuore, questa croce simboleggiava il passaggio dall'infanzia all'età adulta. 

Una variante della "croix de Jeannette" è la "Croix de Marie Antoinette" chiamata anche "Croix de Louis XVI". 

Secondo la tradizione la regina fece sostituire il cuore con un fiocco, un motivo ornamentale che le piaceva molto. 

La croce di Maria Antonietta fu particolarmente utilizzata durante la Rivoluzione e durante la Restaurazione dai monarchici.


Pierrette

Maria Antonietta nel costume di scena di
Rose et Colas in un disegno realizzato
da Madame Vigée Le Brun
Durante una passeggiata con la principessa di Lamballe nel parco di Montreuil, Maria Antonietta aveva incontrato una giovane coppia di fidanzati e si era intrattenuta a parlare con loro. Scoprì quindi che i due non potevano sposarsi perché il giovane non aveva un'occupazione e Pierrette (questo il nome della ragazza) non aveva una dote. 

La regina fece quindi arruolare il giovane fornendogli in questo modo un lavoro ben retribuito, e prese sotto la sua protezione Pierrette alla quale fornì una dote. Nel frattempo avendo scoperto che la ragazza aveva una bella voce da soprano le fece impartire lezioni di musica, tanto che Pierrette arrivò a cantare nell'opera in tre atti "Rose et Colas", un'opera in cui la stessa regina aveva cantato vestendo i panni della protagonista, nel 1780.


Il matrimonio dei due giovani fu però di breve durata perché Pierrette morì di parto lasciando al marito una figlia e una sua miniatura, realizzata pare, dalla principessa di Lamballe.


La storia di Pierrette fu immortalata nell'Ottocento in due dipinti eseguiti da Charles Année. 

Uno rappresenta la regina con la principessa di Lamballe, Gluck e Salieri che impartirono lezioni di musica e di canto a Pierrette, e la stessa Pierrette negli abiti di scena di Rose et Colas.




Nell'altro, facente parte di una collezione privata, la regina all'uscita dal teatro dove si era svolta l'opera in cui Pierrette aveva cantato, benedice l'unione dell'ufficiale (alla sua sinistra) e Pierrette (alla sua destra).